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La Papamobile di Francesco diventa clinica per i bambini di Gaza

Non è finita con l’addio. Non per lui. Papa Francesco, anche dopo la morte, continua a ispirare. Con un gesto eloquente: trasformare la sua Papamobile in un’unità sanitaria mobile per i bambini di Gaza. Il veicolo con cui ha attraversato folle oceaniche, salutato piazze, stretto mani diventa ora un ambulatorio su ruote. Un’ancora di salvezza in mezzo alle macerie. Negli ultimi anni Papa Francesco aveva parlato spesso della sofferenza dei più piccoli di Gaza. Li definiva “non numeri, ma volti, nomi, storie”. E ha voluto fare qualcosa che restasse, qualcosa di concreto: un modo per raggiungerli.

Il veicolo della speranza

Già ribattezzata “Il veicolo della speranza”, la Papamobile (a dicembre venne consegnata la prima elettrica) è stata affidata, su richiesta del Santo Padre, alla Caritas Gerusalemme per portare aiuto ai bambini, quelli che oggi crescono tra rovine, tende sfondate e colpi d’artiglieria. Fino alla fine, ha pensato a loro. Inoltre, ci saranno medici, infermieri, volontari pronti a spingersi nei quartieri a maggiore rischio della Striscia. Non appena sarà possibile riaprire i corridoi umanitari, quel mezzo partirà. E lo farà in silenzio, senza clamore, come piaceva a lui.

“Con questo veicolo, saremo in grado di raggiungere i bambini che oggi non hanno accesso all’assistenza sanitaria: i più piccoli, feriti, malnutriti”, spiega Peter Brune, segretario generale di Caritas Svezia. “È un intervento concreto e salvavita in un momento in cui il sistema sanitario di Gaza è quasi completamente collassato”.

Parole che fanno male, perché danno un ritratto reale della situazione attuale. A Gaza quasi un milione di bambini è sfollato. Alcuni hanno perso casa, altri la famiglia, molti tutto insieme. Mancano il cibo, l’acqua potabile, l’elettricità. E l’accesso alle cure mediche è un lusso riservato a pochi. In uno scenario tanto catastrofico, un’unità mobile assistenziale trascende la semplice funzione simbolica: è un appiglio al quale aggrapparsi, un aiuto sul campo.

Amore, cura e vicinanza

Anton Asfar, segretario generale di Caritas Gerusalemme, lo scolpisce nella pietra: “Questo veicolo rappresenta l’amore, la cura e la vicinanza del Santo Padre per i più vulnerabili”. È un’estensione del suo sguardo, della sua voce, del suo stile. Perché Papa Francesco ha sempre scelto di stare accanto ai meno fortunati, evitando di destare particolare clamore. E l’iniziativa costituisce uno spaccato di un animo nobile. Il messaggio, però, si estende al di là del confine di Gaza. “Non è solo un veicolo”, ha concluso Brune. “È un messaggio per dire al mondo di non dimenticarsi dei bambini di Gaza”. Di non voltarsi dall’altra parte. Di non far finta che siano invisibili.

Papa Francesco ha scelto di lasciare un segno concreto, come già fece in passato con la supercar Lamborghini benedetta direttamente da lui. Ha preso un simbolo del suo ruolo – visibile, solenne, carico di significato – e l’ha trasformato in qualcosa di utile. La Papamobile diventa una clinica mobile, attrezzata per curare, pensata per entrare nei luoghi più colpiti. Va tra le tende, sulle strade rotte, davanti agli occhi dei bambini feriti. Porta garze, siringhe, vaccini. In un mondo pieno di macerie, mette a disposizione gli strumenti necessari a ricostruire. Il funerale non ne spegne il ricordo.

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