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Dazi Usa, intesa con Regno Unito salva l’auto inglese

Dopo settimane di tensione, è arrivata la svolta. Stati Uniti e Regno Unito hanno firmato un’intesa che mette fine a un braccio di ferro cominciato con la guerra commerciale scatenata da Donald Trump. E al centro del tavolo, stavolta, ci sono i dazi sulle auto. Per molti era una mossa attesa, ma i negoziati andavano avanti a singhiozzo. Veti, sospetti, pressioni. Alla fine, il compromesso è arrivato: non sarà perfetto, d’altro canto tiene in piedi l’export e allenta la morsa sui costruttori britannici.

Il cuore dell’intesa

In pratica, le vetture prodotte nel Regno Unito pagheranno un dazio del 10% invece del 27,5% annunciato ad aprile. Il taglio riguarda una quota annuale massima di 100.000 veicoli spediti negli Usa. Oltre quel limite, si torna a pagare il 25%. Ma considerando che nel 2024 i britannici ne avevano esportati circa 102.000, la soglia copre quasi l’intero ammontare.

Tirano un sospiro di sollievo i vertici di Jaguar Land Rover. Per loro, gli Stati Uniti sono il primo mercato al mondo: 129.000 unità vendute l’anno scorso, cioè un terzo del totale. L’aumento dei dazi avrebbe tagliato le gambe, e infatti l’azienda aveva congelato tutte le spedizioni fino al 4 maggio. Ora può ripartire.

Anche altri marchi britannici — Bentley, Mini, Aston Martin, Rolls-Royce, McLaren — beneficeranno dell’intesa. Ma nessuno era esposto quanto JLR. Attenzione però: non tutti i modelli sono salvi. Le Defender e Discovery, costruite in Slovacchia, vengono ancora considerate “europee” e restano sotto le vecchie tariffe. Non cambia nulla nel loro caso. Nel 2025, il 17% delle esportazioni auto del Regno Unito è finito negli Stati Uniti. E dall’altra parte dell’oceano, quasi il 30% dell’export americano verso l’Europa ha preso la via delle isole britanniche. Chiudere quel corridoio commerciale avrebbe fatto male a entrambi.

Non solo motori

L’accordo è di ampia portata. Gli States eliminano i dazi sui prodotti siderurgici britannici e sull’etanolo. Il Regno Unito fa lo stesso, sbloccando 1,4 miliardi di litri di etanolo americano. Inoltre, è stato introdotto un meccanismo di scambio sulla carne bovina: gli agricoltori di entrambi i Paesi potranno esportare fino a 13.000 tonnellate l’anno senza tariffe. Su una cosa però Londra è stata categorica: gli standard alimentari rimangono invariati. Nessuna apertura a prodotti trattati con sostanze vietate, tipo i famigerati “polli clorati” americani.

Il settore digitale è rimasto fuori dal pacchetto. Le tasse britanniche su servizi come Google, Meta o Amazon restano. Ma Usa e Uk hanno deciso di riaprire il tavolo pure su questo fronte: farmaci, fintech, servizi finanziari e piattaforme online saranno oggetto di nuovi negoziati. Dagli Stati Uniti, però, qualcuno manifesta diffenso. L’American Automotive Policy Council ha criticato la scelta della Casa Bianca, dicendo che avrebbe dovuto dare priorità a Canada e Messico.

Washington ha fatto una scelta diversa: consolidare il legame con Londra, ora che le tensioni con Bruxelles sono ancora vive. Il trattato evita una crisi, e tanto basta. Il rischio era di entrare in un circolo vizioso di dazi e ritorsioni. Invece si è aperto un canale che permette alle auto britanniche di continuare a viaggiare, e alle imprese di respirare. Chi ci guadagna? Jaguar Land Rover, per prima. Ma anche tanti altri. E soprattutto, la politica del buon senso.

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