Notizie

Autostrade per l’Italia con lavori, code e disservizi: multa milionaria

Cinque milioni di euro. A tanto ammonta la sanzione che l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (AGCM) ha inflitto ad Autostrade per l’Italia (Aspi) e che ora trova piena conferma nelle aule del Tar del Lazio. Non si tratta solo di una questione contabile, ma di un principio: chi sbaglia, paga. Il verdetto del Tribunale amministrativo è netto, quasi scolpito nella pietra: Aspi ha mantenuto in vigore i pedaggi ordinari su tratti autostradali in condizioni straordinarie. Code, cantieri infiniti, rallentamenti asfissianti. L’Italia delle tratte “manutenute male” ha viaggiato a passo d’uomo, mentre il biglietto restava a prezzo pieno.

Il lungo strascico di problemi

La storia inizia anni fa, e affonda le radici in episodi dolorosi. Il disastro del Viadotto Acqualonga (2013), il crollo del Ponte Morandi (2018), il distacco della volta nella Galleria Bertè (2019): eventi diversi per luogo e dinamica, ma accomunati da un elemento inquietante che il Tar ha definito, senza mezzi termini, come negligenza nella manutenzione.

Da lì parte la stagione dei cantieri. Migliaia di chilometri di asfalto sotto osservazione, chiusi, rattoppati, sezionati. Una vera e propria corsa al recupero, innescata non dalla programmazione virtuosa, ma dal panico giudiziario e dal rischio concreto di nuovi disastri. Lavori urgenti, straordinari, spesso imposti dalla magistratura con sequestri e prescrizioni, in particolare per le barriere laterali giudicate non sicure. E mentre si scavava, si inchiodava, si stringeva la carreggiata, gli automobilisti – quelli che ogni giorno affrontano la A1, la A14, la A26 – continuavano a pagare. Pagare tutto.

L’Autorità garante: nessuna compensazione

Nel 2021, l’Antitrust aveva messo nero su bianco ciò che gli automobilisti già sapevano: nessuna misura compensativa, nessuna riduzione del pedaggio, nessuna informazione chiara sui possibili rimborsi. Il comportamento di Aspi viene bollato come scorretto, sotto il profilo commerciale. Il perché è semplice: la società ha approfittato di una posizione di forza – l’impossibilità degli utenti di scegliere strade alternative realmente equivalenti – per mantenere inalterati i ricavi, scaricando sul cittadino il peso dei suoi errori.

Il Tar del Lazio ha avallato in pieno questa lettura: una pratica commerciale scorretta, perché ha inciso sul comportamento del consumatore. Ma non solo. I giudici parlano anche di condotta aggressiva, per l’assenza di rimborsi proporzionati al danno subito. È un’accusa pesante, che va oltre il disservizio: qui si entra nel terreno della lesione dei diritti.

Niente sconti, neanche sui ricorsi

Aspi, da parte sua, aveva tentato la carta del ricorso. Chiedeva l’annullamento della sanzione da 5 milioni, e persino quello di una multa accessoria da 10.000 euro. Tutto respinto. Il Tar ha blindato la decisione dell’Antitrust, sottolineando come l’attuale sistema di rimborso automatico – introdotto dopo lo scandalo e attivo solo per i cantieri più recenti – non possa in alcun modo sanare le mancanze del passato.

Questo meccanismo, oggi attivo, prevede un rimborso automatico fino al 100% del pedaggio, per ritardi superiori ai 10 minuti. Una buona notizia, certo. Ma tardiva. Perché chi nel 2019 si è trovato intrappolato in un tunnel di lavori infiniti, senza indicazioni, senza scuse e senza sconti, ha già pagato due volte: in tempo e in denaro.

Il pedaggio della responsabilità

La lezione è chiara, e il Tar l’ha scolpita con la freddezza della giurisprudenza: l’efficienza non è un optional, e l’onere della manutenzione non può ricadere sul cittadino. Le autostrade sono una concessione, non un privilegio eterno. Aspi dovrà ora digerire la sanzione, ma soprattutto rivedere il proprio rapporto con l’utenza. Perché in fondo, è proprio questo il punto: le infrastrutture, come le istituzioni, funzionano solo se c’è fiducia. E quella, oggi, è tutta da ricostruire.

To top