Era questione di centimetri. Centimetri che separano la cronaca nera dal miracolo, la statistica dall’istinto di sopravvivenza. E nella notte fra il 28 e il 29 novembre, lungo la provinciale 235 che collega Lodi al casello autostradale, un ragazzo di 27 anni ha scoperto quanto sottile possa essere quel confine: sottilissimo, affilato come il guardrail che gli ha attraversato l’auto, dividendo la lamiera in due come fosse burro caldo.
La dinamica dell’incidente
È un tratto di strada che chi vive la zona conosce bene: scorrevole, poco illuminato, tradito spesso dall’asfalto che sotto la pioggia diventa una lastra di sapone. E proprio lì, poco prima dell’una, il giovane perde il controllo della propria vettura. L’uscita di strada è fulminea: la macchina scarta, slitta, punta l’ingresso di un distributore di carburante e va a schiantarsi contro la barriera metallica. Poi, il silenzio. O meglio, quello che resta dopo il boato.
Perché quello che accade in quegli istanti ha dell’incredibile: il guardrail sfonda il frontale, entra nell’abitacolo, passa esattamente tra il sedile del conducente e quello del passeggero, come una lama chirurgica che taglia il metallo ma risparmia l’uomo. Una dinamica che, vista dall’esterno, suggerirebbe tutto tranne che una sopravvivenza possibile. E invece il ragazzo è lì, incastrato, sì, ferito, certo, ma incredibilmente vivo. Quasi illeso. È rimasto fuori dalla traiettoria letale per pochi centimetri: la distanza fra la tragedia e la salvezza di cui parleranno per giorni Vigili del Fuoco, sanitari e agenti arrivati sul posto.

Vigili del Fuoco
Un’operazione di salvataggio chirurgica
Il lavoro dei pompieri è un’operazione di alta precisione, lunga e complicata. Cesoie e divaricatori mordono le lamiere per creare un varco, un passaggio sicuro che permetta ai soccorritori di estrarre il 27enne senza provocare ulteriori danni. La scena è quella classica di un incidente ad altissima energia: l’auto è ridotta a un groviglio irriconoscibile, un mosaico di metallo contorto che racconta meglio di qualunque perizia la violenza dello schianto. Eppure, al centro di quel caos, un corpo ancora integro, una vita ancora lì.
Una volta liberato, il giovane viene affidato ai sanitari: è cosciente, risponde, si muove. Viene trasportato in codice giallo all’ospedale Humanitas di Rozzano. È un codice che, osservata la scena, sembra quasi una vittoria. Le sue condizioni non destano preoccupazioni: ferite, contusioni, una notte che non dimenticherà mai, ma nessun quadro clinico grave. Un epilogo che ha più il sapore del lieto fine che della cronaca d’urgenza.
L’auto è da buttare
Mentre la vettura, ormai irrecuperabile, viene rimossa e l’area resa sicura, iniziano gli accertamenti. Gli agenti della questura di Lodi devono chiarire la dinamica esatta: la pioggia, l’asfalto viscido, l’orario notturno sono variabili concrete. Ma non è escluso che altri fattori – una distrazione, una manovra d’emergenza, un’insidia del manto stradale – abbiano contribuito allo sbandamento.
La provinciale 235, del resto, è un tratto noto agli automobilisti: trafficata, veloce, e quando le condizioni meteo peggiorano diventa un banco di prova severo per chi la percorre. Resta un dato, quello che rimbalza con più forza: a volte la sorte decide di piegare il metallo e non la vita. E questa volta, per pochissimi centimetri che valgono come una sentenza ribaltata all’ultimo secondo, ha scelto così.