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Autovelox, scatta importante novità sui dispositivi non omologati

Da due mesi l’Italia sta vivendo una piccola rivoluzione silenziosa, consumata lontano dai lampeggianti blu della Stradale e ben al di sotto della soglia di attenzione dei comuni automobilisti. È una scadenza burocratica, certo. Ma pesa come un verdetto: dal 30 novembre, ogni autovelox non registrato sul nuovo portale del Ministero delle Infrastrutture diventa un gigante spento, un occhio chiuso che non può più multare. Una trasformazione che promette tutele per i cittadini, ma che fa tremare i Comuni e apre una prateria di dubbi giuridici destinati a riempire aule di tribunale per mesi.

Un paradosso tutto italiano: lo Stato che chiede ordine, mentre le amministrazioni arrancano; gli automobilisti che chiedono chiarezza, mentre le norme si complicano; e gli avvocati che già pregustano un’ondata di ricorsi come non se ne vedeva da anni.

La genesi del censimento: una rivoluzione

Tutto nasce da un emendamento al Decreto Infrastrutture 2025, seguito dal decreto direttoriale n. 305, pubblicato a metà agosto. Una riga dopo l’altra, l’Esecutivo mette finalmente mano a un sistema di controlli spesso percepito come opaco, a volte arbitrario, troppo spesso inefficiente.

L’obiettivo è chiaro: creare l’anagrafe nazionale degli autovelox, una piattaforma che custodisca marca, modello, posizione e documenti di ogni apparecchiatura. Un registro pubblico, consultabile da tutti. Una specie di catasto della velocità, chiamato a segnare la differenza fra un controllo legittimo e una multa da stracciare. Ma come sempre accade, il diavolo si annida nella burocrazia. Perché è qui che scatta la contraddizione: registrare un autovelox è facilissimo. Renderlo legalmente inattaccabile, molto meno.

Approvazione o omologazione? Il cortocircuito che vale milioni in multe

Il cuore del problema sta in una distinzione che sembra tecnica ma in realtà è esplosiva: approvazione non significa omologazione. Lo dice l’articolo 142 del Codice della Strada. Lo dicono i tribunali. Lo ha ribadito la Cassazione nel 2024, aprendo la strada a una stagione di ricorsi che molti Comuni ricordano ancora con brividi contabili.

Eppure, nel nuovo decreto, approvazione e omologazione tendono a confondersi, o meglio: a convivere. Una scelta che rischia di trasformare ogni multa in un campo minato giuridico. Basterà un vizio di forma, una dicitura sbagliata, un allegato mancante per far saltare in aria un intero sistema di sanzioni. Le associazioni dei consumatori lo hanno già ribattezzato il “paradosso dell’autovelox fantasma”: registrato sì, omologato forse.

L’automobilista al centro: mappe, verifiche e contestazioni

Tra le righe del decreto, però, c’è una conquista inattesa per gli automobilisti: trasparenza assoluta. La piattaforma ministeriale pubblicherà mappe e registri completi. L’automobilista multato potrà verificare in tempo reale se l’autovelox che lo ha immortalato era regolarmente registrato.

Se non lo era? Multa nulla. Se era registrato ma non omologato? Multa impugnabile. Gli avvocati prevedono un’ondata di ricorsi “in due tempi”: prima contro la mancata registrazione, poi contro eventuali difetti di omologazione. Una doppia ghigliottina che potrebbe far crollare migliaia di verbali.

Navigatori più precisi, segnalazioni più affidabili

C’è però un risvolto virtuoso. Le mappe generate dal Ministero diventeranno lo standard ufficiale per navigatori e app. Basta falsi allarmi, basta colonnine spente segnalate come attive. Le piattaforme integreranno solo i dispositivi realmente registrati: un autovelox che compare sul display sarà, per definizione, un autovelox valido. È una rivoluzione di cui ci accorgeremo tutti: guidare con il navigatore sarà come avere un filo diretto col Ministero.

Comuni nel panico: tra scadenze impossibili e rischio contenziosi

Le amministrazioni locali, però, vivono ore febbrili. Sessanta giorni per registrare tutti gli apparecchi sono pochi, pochissimi, soprattutto per i piccoli Comuni che non dispongono di uffici tecnici adeguati. Un errore o un ritardo rischia di spegnere gli autovelox e congelare gli incassi da multe, spesso fondamentali per bilanciare i bilanci.

Una bomba sociale, prima ancora che amministrativa. Alcuni enti hanno già chiesto proroghe. Altri sperano nel buon senso dei giudici. Tutti temono che il 2026 possa trasformarsi in un anno di sanzioni contestate e risorse mancate. Una cosa, però, è certa: dal 30 novembre sulle strade italiane non cambia solo il modo in cui si prendono le multe, ma il modo in cui si amministra la fiducia fra Stato e cittadini. Una rivoluzione silenziosa, sì. Ma destinata a far rumore.

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