Le nuove disposizioni del CdS, introdotte lo scorso dicembre, hanno creato numerose polemiche. La guida sotto l’effetto di sostanze stupefacenti è il reato punito dall’articolo 187 del Codice della Strada, che sanziona chi si mette al volante in stato di alterazione psico-fisica in seguito all’assunzione di sostanze classificate come stupefacenti o psicotrope.
Chiunque guidi in stato di alterazione psico-fisica, in base al primo comma dell’articolo suddetto, dopo aver assunto sostanze stupefacenti o psicotrope è punito con l’ammenda da euro 1.500 a euro 6.000 e l’arresto da sei mesi a un anno. All’accertamento del reato consegue la sanzione amministrativa accessoria della sospensione della patente di guida da uno a due anni. Affinché una persona sia punibile per guida sotto l’effetto di droghe occorre “una correlazione temporale tra l’assunzione e la guida, che si concretizza in una perdurante influenza della sostanza stupefacente o psicotropa in grado di esercitare effetti negativi sull’abilità alla guida“. La precisazione è arrivata a grande richiesta in una circolare dei Ministeri dell’Interno e della Salute, inviata a prefetti e questori in seguito all’entrata in vigore del nuovo Codice della Strada che aveva introdotto una stretta in materia.
Il chiarimento sulla punibilità
Il Ministero dei Trasporti ha sottolineato che nessuna nuova circolare “contraddice le novità” del Codice. Le nuove disposizioni, infatti, puniscono l’uso di droghe anche quando non determinano alterazione psicofisica. La questione è stata portata all’attenzione della Corte costituzionale. La circolare rileva che la nuova disposizione, “diversamente dalla precedente formulazione, punisce la guida dopo aver assunto sostanze stupefacenti o psicotrope, a prescindere da un effettivo stato di alterazione psicofisica“.
L’aspetto chiave, richiamato nella locuzione “dopo aver assunto“, aggiunge, “è costituito dallo stretto collegamento tra l’assunzione della sostanza e la guida del veicolo“. In tal modo, in base a quanto emerge nel documento, occorre provare “che la sostanza stupefacente o psicotropa sia stata assunta in un periodo di tempo prossimo alla guida del veicolo, tale da far presumere che la sostanza produca ancora i suoi effetti nell’organismo durante la guida“.
La posizione del Mit sulla questione
Il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti ha spigato che “sono confermati” i test per valutare la presenza di droga alla guida. La nuova direttiva, che disciplina le modalità dei controlli sull’utilizzo di sostanze stupefacenti, è stata introdotta l’11 aprile “in piena coerenza” con le nuove regole che puntano a punire chi si mette alla guida dopo aver assunto droghe e andando oltre il concetto soggettivo di “stato di alterazione“. Il Ministero ha riportato le parole di Matteo Salvini che “ha ribadito che l’assunzione di droga è ben diversa dall’uso di farmaci, anche cannabinoidi, con l’obiettivo di non penalizzare chi è sottoposto a cure mediche“.
Il Tribunale di Pordenone, lo scorso mese, ha proposto alla Consulta di valutare la legittimità delle disposizioni del nuovo Codice della Strada, dopo aver trattato il caso di una automobilista che lo scorso dicembre aveva causato un incidente stradale. Dall’esame delle urine era risultata positiva agli oppiacei, pur affermando di non aver assunto droghe. La donna aveva ammesso ai sanitari di aver preso, nelle 24/72 ore antecedenti l’esame, alcune gocce di un ansiolitico e un altro farmaco contenente codeina. Il tribunale ha sollevato la questione di legittimità Costituzionale, dato che il nuovo Codice della Strada punisce chiunque abbia assunto sostanze stupefacenti a prescindere da una valutazione sugli effetti della capacità di guida.