Il panorama economico globale è stato nuovamente scosso dall’annuncio del presidente americano Donald Trump, che ha dichiarato l’intenzione di imporre nuovi dazi del 30% sulle importazioni dall’Ue. Questa mossa, sebbene abbia immediatamente agitato i mercati internazionali, presenta una peculiare ambiguità per uno dei settori più sensibili e interconnessi: quello automobilistico. Una clausola, contenuta nella lettera inviata sabato 12 luglio al governo di Bruxelles, ha suggerito che queste nuove tariffe potrebbero non toccare il comparto auto. La precisazione che le nuove tariffe sarebbero “separate da tutti i dazi settoriali” già in vigore, come quelli sull’auto, aveva fatto intravedere un barlume di speranza.
Per i costruttori europei, già alle prese con un contesto difficile segnato da vendite in calo e le continue evoluzioni delle politiche sulla mobilità elettrica, un’esclusione dai nuovi dazi rappresenterebbe un parziale sconto e, di conseguenza, un sollievo significativo. Si tratterebbe di una boccata d’ossigeno per giganti come Volkswagen, BMW, Mercedes-Benz e Stellantis, che esportano un numero rilevante di modelli dal Vecchio Continente, pur producendo anche negli Stati Uniti. Vedremo se sarà effettivamente così.
In Borsa i titoli non volano
Tuttavia, nonostante questa apparente “grazia“, il settore automotive in Borsa non ha respirato un grande ottimismo. Nella mattinata di lunedì 14 luglio, i titoli di Stellantis, Volkswagen, BMW e Mercedes hanno aperto gli scambi in calo di almeno un punto percentuale. Questo andamento negativo riflette una profonda preoccupazione tra gli investitori, che sembrano temere il contesto di continua incertezza e la possibilità concreta che le misure possano cambiare in corsa. Un funzionario della Casa Bianca ha alimentato ulteriormente questa inquietudine, dichiarando che le tariffe preesistenti – come quelle per le auto – “probabilmente” resteranno in vigore, ma che tutte “le misure sono soggette a revisione”. Questa dichiarazione sottolinea la volatilità delle scelte politiche americane, lasciando poco spazio alla tranquillità per le Case automobilistiche.
È fondamentale ricordare che le auto provenienti dall’Ue non sono affatto esenti da oneri doganali negli Stati Uniti. Sono infatti già sottoposte a una tariffa del 27,5%, frutto di precedenti decisioni dell’amministrazione Trump. Questa misura colpisce in modo particolare i costruttori tedeschi come Mercedes-Benz, BMW e Volkswagen, che, nonostante una presenza produttiva negli Stati Uniti, continuano a dipendere in larga parte dalle esportazioni dall’Europa.
Un sentimento di relativa cautela
Di fronte a questo scenario complesso, le Case automobilistiche mantengono una cautela palpabile, nonostante la potenziale esclusione del comparto auto dai nuovi dazi. La loro prudenza è ben motivata dalle esperienze passate e dalle proiezioni future. Toyota, un attore globale che produce e importa veicoli sia dal Giappone che da altri Paesi asiatici, ha definito i dazi esistenti come “altamente dirompenti” e insostenibili. Il Gruppo giapponese ha lanciato un chiaro avvertimento: “Tariffe di questa entità porteranno a un sensibile aumento dei prezzi dei veicoli, riducendo l’accessibilità e le scelte per i consumatori americani, e avranno ricadute negative sull’economia, sulla filiera e sull’intero settore auto”.
Questa visione è condivisa da molti operatori del settore, che vedono le tariffe non solo come un costo diretto, ma come un fattore destabilizzante per l’intera catena di valore e per il potere d’acquisto dei consumatori. La tensione tra gli operatori rimane quindi alta. Il timore di un ulteriore inasprimento del protezionismo americano è una costante, e l’incertezza delle politiche statunitensi rappresenta un pesante fardello.