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Elon Musk chiede un “Bonus” esagerato, il CEO minaccia l’addio a Tesla

C’è un’aria tesa, quasi elettrica, nei corridoi di Tesla. Non quella prodotta dalle batterie delle Model 3, ma quella di chi teme un cortocircuito al vertice. La presidente del consiglio di amministrazione, Robyn Denholm, ha lanciato un appello diretto agli azionisti: approvate il mega pacchetto retributivo da mille miliardi di dollari destinato a Elon Musk, oppure rischiate di perderlo. “Volete mantenere Elon come CEO e motivarlo a guidare Tesla a diventare l’azienda più preziosa al mondo?”, ha scritto in un’intervista pubblicata su X. Una domanda che suona come un avvertimento. Il messaggio, in fondo, è chiaro: senza Musk, Tesla non sarebbe Tesla. Eppure, mai come questa volta, la sopravvivenza del binomio sembra meno scontata.

Il voto che può cambiare tutto

Gli azionisti saranno presto chiamati a esprimersi su un piano di compensi che non ha eguali nella storia dell’industria tecnologica: un pacchetto da mille miliardi di dollari, legato a obiettivi di capitalizzazione e performance aziendale. Già nel 2018 Musk aveva ottenuto un accordo da 56 miliardi — il più alto mai concesso a un amministratore delegato — poi bocciato da un tribunale del Delaware per “eccessiva influenza” e scarsa indipendenza del board.

Ora Tesla tenta il rilancio, rimettendo sul tavolo un piano rivisto, ma di proporzioni ancora più colossali. Denholm ha difeso la proposta con una logica semplice quanto brutale: “Non riuscire a promuovere un ambiente che motivi Elon crea il rischio che possa andarsene. Tesla potrebbe perdere il suo tempo, il suo talento e la sua visione, che sono stati essenziali per offrire straordinari rendimenti agli azionisti”.

Parole che pesano come azioni in borsa, soprattutto in un momento in cui il Gruppo deve fronteggiare margini in calo, concorrenza cinese e una corsa all’intelligenza artificiale che rischia di spostare l’attenzione del suo leader altrove.

Musk e la minaccia velata

Già la scorsa settimana, durante la conference call sui risultati trimestrali, Musk aveva lasciato cadere una frase che molti hanno letto come una mezza minaccia: non intende “costruire un enorme esercito di robot” se non gli verrà garantito un controllo adeguato sull’azienda. Un modo per ricordare che il suo genio — e il suo ego — non sono a disposizione a tempo indeterminato.

Dietro la boutade si nasconde però un tema più profondo: la crescente concentrazione del potere di Musk, non solo in Tesla ma in un intero ecosistema industriale che spazia dai razzi di SpaceX ai satelliti Starlink, fino al nuovo impero dell’intelligenza artificiale con xAI. Il rischio, secondo alcuni analisti, è che Tesla finisca per diventare solo una delle tante pedine del suo vasto gioco strategico.

Tra visione e dipendenza

Non è un mistero che il valore di Tesla sia strettamente intrecciato all’immagine di Musk. Le sue trovate, i tweet, le dichiarazioni improvvise sui mercati o sull’auto autonoma hanno spesso fatto più del marketing ufficiale. Ma questa simbiosi ha anche un prezzo: la dipendenza totale da una sola figura, il che rende ogni frizione interna un potenziale terremoto.

Gli investitori, divisi tra entusiasmo e timore, si trovano così davanti a un bivio: blindare il ceo più imprevedibile della Silicon Valley, o rischiare di vederlo abbandonare il ponte di comando. In entrambi i casi, le conseguenze non sarebbero indolori.

L’ombra lunga del Delaware

Sul piano legale, la partita è tutt’altro che semplice. Il tribunale del Delaware, dove Tesla è registrata, aveva già definito “eccessivo” il pacchetto precedente, ritenendo che Musk avesse esercitato un’influenza impropria sul consiglio di amministrazione. Riproporre oggi un accordo ancora più ricco, seppur riformulato, appare come una sfida diretta alle autorità e ai fondi istituzionali più scettici.

Eppure, Denholm insiste: “Tesla è dove è oggi grazie a Elon”. Una frase che, per molti, suona più come un ricatto morale che come una dichiarazione di stima. Ma è difficile negarlo: senza la sua visione, la casa di Palo Alto non sarebbe arrivata a dominare l’elettrico e a ridefinire l’immaginario dell’auto moderna.

Il rischio di un’era post-Musk

Resta una domanda che aleggia tra gli investitori: può Tesla sopravvivere senza Musk? Per ora, nessuno sembra voler scoprirlo. Ma se il voto dovesse andare diversamente dalle aspettative del board, l’azienda si ritroverebbe davanti a un problema più grande delle batterie o dell’autopilot: la perdita della sua anima.

Nel frattempo, Musk tace. O, meglio, parla a modo suo: con i post, le provocazioni e quella costante tensione tra genio e minaccia che da sempre lo accompagna. Come dire: “Volete Tesla? Allora dovete volere anche me”.

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