Ci siamo. Dopo mesi di attesa, discussioni, bozze e pressioni, l’emendamento sui limiti di emissioni di CO2 per auto e furgoni entra ufficialmente nella normativa Ue. È stato approvato dal Consiglio Affari Generali dell’Unione Europea con un voto quasi unanime. Solo Belgio e Svezia si sono astenuti, ma il resto dei 27 Paesi ha dato il via libera senza riserve. Ora manca solo la pubblicazione in Gazzetta. Poi, sarà legge. Fino all’altro ieri, per i costruttori valeva una regola rigida: ogni anno dovevano stare sotto i 93,6 grammi di CO2 al chilometro. Se sforavi anche una tantum, partivano le sanzioni, senza sconti né scuse.
Il nuovo regolamento
Ora la situazione cambia. Il nuovo regolamento dà una tregua: per il triennio 2025-2027, i valori si potranno spalmare. Conta la media, non il dettaglio. Tradotto in concreto: se nel 2025 sei fuori soglia ma poi recuperi nel 2026 e 2027, sei salvo. Per chi fabbrica auto oggi — schiacciato tra l’elettrico che costa troppo, le norme che cambiano ogni tre mesi e i margini sempre più stretti — è ossigeno. Non sistema tutto, ma intanto allenta la morsa. Lascia spazio per respirare, ricalibrare i piani, evitare errori fatali.
La piccola apertura fa più differenza di quanto sembri. Le Case? Non ci stanno più dentro. Hanno il termico ancora in produzione ma non sanno quando — o se — potranno lasciarlo andare. I paletti ambientali cambiano di continuo, ogni volta è un nuovo incastro da risolvere. E poi ci sono i dazi, le tensioni con gli Usa, la Cina che sforna elettriche a catena. Nel frattempo, devono anche evitare di finire in rosso. Nessuno ha il controllo vero della situazione. Si naviga a vista.
Polemica sugli incentivi
E nel frattempo, si muove anche l’Italia. Mai vista una cifra così: quasi 600 milioni di euro per chi sceglie un’auto elettrica. È il pacchetto di incentivi più pesante mai varato lungo lo Stivale. La misura ha colto di sorpresa molti operatori del settore. Lo ha dichiarato Andrea Cardinali, direttore generale dell’Unrae: “Siamo rimasti un po’ spiazzati dalla notizia degli incentivi, del tutto inattesi e decisi senza alcuna consultazione”. Cardinali ha anche espresso alcune perplessità sulla tempistica e sulla chiarezza dell’iniziativa: “Preoccupa il fatto che siano stati annunciati senza essere ancora pienamente definiti. Il rischio, ancora una volta, è quello di una paralisi della domanda”.
Tra scadenze strette e una lunga lista di requisiti, l’Unrae teme che i 600 milioni non riescano nemmeno a essere investiti completamente. Il riferimento è anche al fatto che lo schema è già inserito nella revisione del Pnrr trasmessa alla Commissione Europea, quindi difficilmente modificabile. Dal suo punto di vista, sarebbe stato forse più efficace concentrare le stesse risorse sulla fiscalità dei veicoli aziendali, rivedendo detraibilità, deducibilità e ammortamenti, con l’obiettivo di accelerare il ricambio del parco circolante. Cardinali ha ribadito un nodo che secondo l’associazione resta centrale: senza una rete seria di ricarica pubblica, la mobilità elettrica non parte davvero. Attualmente, misure simili sono operative anche in Francia e Spagna, mentre il comparto italiano resta in attesa dei passaggi formali e dell’attivazione concreta del piano annunciato.