Il Belpaese è teatro di un giro di affari importante circa il mercato dell’usato. Con i costi proibitivi per la fascia media delle vetture di ultima generazione, sempre più automobilisti stanno volgendo lo sguardo ai veicoli di seconda mano. Le proposte di qualità non mancano, tuttavia i dati dell’Unrae (Unione Nazionale Rappresentanti Autoveicoli Esteri) mettono in mostra una diminuzione dei passaggi di proprietà.
Nel mese di maggio, in base all’analisi, il mercato dell’auto usata ha avuto una contrazione. Per ben 8 mesi la crescita era stata costante, tuttavia a maggio è giunta puntuale una flessione del 5%: con 448.299 trasferimenti di proprietà (dati in attesa di consolidamento), rispetto ai 471.992 di maggio 2024 (-6% sul 2019). I trasferimenti netti segnano un calo del 4,7%, mentre le minivolture registrano un -5,5%.
Lo scenario complessivo del mercato dell’usato
Nei primi 5 mesi l’incremento delle vendite si riduce al 2,4% con 2.375.661 trasferimenti (-1,2% sul 2019). A maggio le auto diesel conservano una posizione apicale fra le motorizzazioni, tuttavia a soli 3 punti di distanza troviamo i motori a benzina. Il diesel, infatti, cala al 41,8% di quota (-3,7 p.p. e al 42,6% nel cumulato), mentre il motore a benzina guadagna 0,6 punti al 38,8% nel mese (38,6% nei 5 mesi). E le moderne tecnologie? Le ibride mostrano una crescita costante, toccando il 10% (9,5% in gennaio – maggio).
Tengono bene sul mercato dell’usato anche GPL e metano, rispettivamente al 5,2% e 2,0% nel mese (5,1% e 2,0% nel cumulato). Le auto elettriche e plug-in salgono all’1% e 1,3% in maggio (1% e 1,2% nei primi 5 mesi). A maggio la quota dei trasferimenti netti di auto con oltre 10 anni di anzianità recupera 4 decimali e tocca il 48,6%. La tendenza è confermata: gli italiani continuano a cercare per lo più auto con motori tradizionali, con buona pace delle alternative di nuova generazione.
I puristi vogliono i termici
In un mondo che continua a puntare a testa bassa sulla tecnologia elettrica, i dati sopracitati sull’usato mettono in risalto la tendenza nostrana a voler guidare macchine con motori a combustione interna con qualche anno di anzianità. Non scopriamo oggi che l’Italia ha uno dei parchi auto più vetusti d’Europa. Di sicuro c’è anche un fattore finanziario, ma milioni di automobilisti sono soddisfatti dell’auto che guidano da anni e non sono disposti a cambiare le proprie abitudini. Di fondo c’è anche una questione ideologica. I veicoli a benzina e diesel continuano a essere una garanzia anche per la futura rivendita.
Il compromesso è rappresentato dall’ibrido che viaggia su buoni numeri. Uno dei problemi delle Case costruttrici è stato quello di anticipare con troppo ottimismo il lancio di modelli alla spina che nessuno stava aspettando con ansia. Almeno alle nostri latitudini manca ancora una rete infrastrutturale di colonnine sparsa democraticamente su tutta la Penisola. Eccezion fatta per la nicchia di progressisti green che credono all’elettrico, la maggioranza degli automobilisti non è disposta a rischiare l’acquisto di una costosa EV che non regge sul mercato dell’usato. La dead line del 2035 si avvicina e, salvo dietrofront, dovrebbero essere prodotti solo veicoli elettrici in Europa. Non sembrano esserci ancora i presupposti per una transizione epocale che è voluta principalmente da burocrati che, a Bruxelles, ci arriveranno con gli autisti e sono lontani dalle logiche popolari.