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L’Ue non rinuncia alle auto elettriche, ma le norme sulle emissioni vanno riviste

È bastato un passaggio, netto quanto chirurgico, per riaccendere il dibattito: Mario Draghi ha messo nel mirino le attuali regole europee sulle emissioni auto, definendole non più allineate alla realtà dei mercati e quindi bisognose di una revisione “il prima possibile”. Un appello che arriva da una figura tutt’altro che marginale e che dà forza al pressing crescente portato avanti da governi, Case automobilistiche e industriali di tutta l’Ue. Il messaggio è chiaro: la transizione verso l’elettrico, così com’è stata concepita, rischia di fallire. E il tempo per rimettere mano alla rotta stringe.

L’elettrico rallenta, il regolamento traballa

La presa di posizione dell’ex premier italiano non arriva nel vuoto. Il mercato sta già dando segnali evidenti: le vendite di veicoli elettrici crescono più lentamente del previsto, i prezzi restano elevati, e l’industria europea fatica a tenere il passo con la concorrenza asiatica (e non solo). Non è solamente un problema di numeri: è un tema di strategie industriali, approvvigionamento e infrastrutture.

Draghi non ha risparmiato la diagnosi:

“L’innovazione europea è rimasta indietro, il parco circolante invecchia, e le emissioni non calano come dovrebbero”.

E poi il punto forse più spinoso: l’attuale quadro normativo rischia di mettere fuori gioco proprio quelle aziende chiamate a guidare il cambiamento. Il tutto, mentre i cittadini iniziano a percepire la transizione come un giogo più che un’opportunità.

E-fuel e biocarburanti tornano in gioco

La spinta di Draghi si inserisce in un contesto europeo già in movimento. La presidente della Commissione, Ursula von der Leyen, ha annunciato che la revisione del regolamento – quello che prevede lo stop alla vendita di auto a motore termico dal 2035 – verrà “conclusa il più rapidamente possibile”. Dietro le quinte, però, la tempistica è meno urgente: consultazione pubblica in chiusura a ottobre, valutazione d’impatto entro fine anno, proposta legislativa attesa nei primi mesi del 2026.

Ma qualcosa si muove. Sul tavolo ci sono deroghe per ibridi plug-in, nuove norme per le piccole elettriche “made in Europe”, e soprattutto l’introduzione – questa volta definitiva – del principio di neutralità tecnologica: niente più esclusiva dell’elettrico, ma apertura agli e-fuel, ai biocarburanti e alle tecnologie di transizione. Un cambio di passo? Sì, ma ancora embrionale.

Le industrie spingono, i governi osservano

Mentre a Bruxelles si accumulano dossier e tavoli tecnici – l’ultimo, il terzo “dialogo strategico” sull’automotive, si è svolto pochi giorni fa – l’industria chiede certezze. E tempi rapidi.

Le grandi Case del Vecchio Continente non hanno mai nascosto il disagio di fronte a una normativa percepita come troppo rigida e poco flessibile. Ora, con Draghi che porta la questione nel cuore del dibattito politico, la pressione si fa istituzionale. Germania e Italia spingono in direzioni diverse, ma con una convinzione comune: servono correttivi realistici per non perdere competitività.

Il punto centrale, ed è lo stesso evidenziato da Draghi, è che una transizione efficace non può avvenire per decreto. Serve l’adesione convinta di chi produce, vende, e guida le auto. E serve un equilibrio tra ambizione ambientale e fattibilità industriale. Nel frattempo, l’Europa lavora anche su fronti paralleli: entro dicembre dovrebbe arrivare una proposta legislativa per l’elettrificazione delle flotte aziendali, che oggi rappresentano oltre il 60% del mercato europeo. Una mossa che potrebbe accelerare il ricambio del parco circolante, ma che rischia di scontrarsi con la resistenza di alcune capitali, Roma in primis.

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