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Morte Diogo Jota, la velocità della Lamborghini possibile causa dell’incidente

L’asfalto è ancora sporco di segni e il ricordo della tragica scomparsa di Diogo Jota, stella del Liverpool, e di suo fratello André Silva sempre nitido. Con il trascorrere dei giorni emergono più dettagli sulla dinamica del fatale incidente che ha coinvolto i due calciatori portoghesi. Le autorità, in particolare la Guardia Civil, stanno tentando di ricostruire quello che è accaduto nelle prime ore del mattino di giovedì 2 luglio, sulla A‑52 nei pressi di Palacios de Sanabria quando la Lamborghini Huracán è diventata una trappola mortale.

Diogo Jota era al volante

Secondo quanto filtrato dalla perizia preliminare, sarebbe stato proprio Diogo Jota a guidare. Nessun autista o scambio di ruoli: al volante c’era il numero 20 del Liverpool. I due fratelli avevano preso l’auto a noleggio per coprire in strada un tragitto che in aereo sarebbe stato impossibile. Jota, infatti, era reduce da un intervento ai polmoni e gli avevano sconsigliato il volo. Dunque, avevano scelto l’autostrada, direzione Santander, per raggiungere il traghetto che li avrebbe riportati in Inghilterra. Purtroppo, non ci sono mai arrivati.

Il secondo dato che emerge dalle perizie delle autorità spagnole è che l’auto viaggiava a velocità elevata. La cifra precisa non è stata ufficializzata, ma dalle tracce lasciate sull’asfalto si parla di un’andatura ben superiore ai 120 chilometri orari consentiti. Quel tratto della A‑52, largo, apparentemente innocuo, non è nuovo a incidenti. Qui, il fattore decisivo all’incidente non sembra stata l’infrastruttura, bensì la sequenza fatale di due eventi: la velocità e un guasto.

Prima un sorpasso e poi il problema

Secondo gli investigatori, tutto sarebbe iniziato con un sorpasso. Un’azione normale, se non fosse che in quel momento una delle gomme posteriori esplode. Una foratura improvvisa, forse causata da un difetto dello pneumatico o da un detrito sull’asfalto. La Huracán diventa, quindi, incontrollabile. La traiettoria si spezza, la vettura esce di strada, colpisce un terrapieno e prende fuoco. Non c’è stato scampo. I fratelli muoiono sul colpo, i corpi recuperati dai soccorritori dopo che le fiamme hanno consumato gran parte della carrozzeria.

L’incendio, inoltre, è diventato anche il nemico degli investigatori. Questo, infatti, ha danneggiato ogni prova potenzialmente utile: centraline, airbag e componenti del telaio. La perizia finale richiederà ancora giorni, forse settimane, ma le prime conferme arrivano da fonti della Guardia Civil. Il guasto c’è stato, mentre la velocità era eccessiva. Non ci sono segni evidenti di tentativi di frenata. Forse Jota ha avuto solo pochi istanti per rendersi conto che qualcosa era andato storto. Troppo tardi.

Restano il rimpianto e l’amarezza

Dietro questi dettagli tecnici, c’è una storia personale che pesa come piombo. Diogo Jota si era sposato poco fa. Tre figli, un futuro ancora pieno di partite da giocare. André Silva, 25 anni, era una colonna del Penafiel. Erano fratelli, ma anche amici, compagni, e adesso anche vittime della stessa dinamica beffarda.

Il calcio piange due giovani strappati alla vita in una frazione di secondo. Liverpool, il Portogallo, i compagni di squadra: tutti si sono stretti attorno alla famiglia, ma il vuoto lasciato è quello che non si può riempire con le parole. L’indagine si concluderà e un dossier finirà sul tavolo del giudice di Puebla de Sanabria. Questo, però, non toglie l’amarezza e il dispiacere di vedere due vite spezzate così prematuramente.

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