Un colpo secco, un piccolo botto sul vetro, una ragnatela che si allarga in pochi secondi mentre si viaggia a 130 all’ora. Il parabrezza rotto in autostrada è uno degli imprevisti più odiati dagli automobilisti, anche perché la domanda arriva inevitabile: chi paga il danno? L’istinto è di puntare il dito contro il gestore dell’autostrada oppure contro “qualche camion che ha perso pezzi in corsia”, ma la risposta giuridica è meno intuitiva di quanto si pensi e il conto finale resta in mano a chi stava guidando, a meno che non ci siano prove solide o una buona assicurazione cristalli al seguito.
Come nasce il danno al parabrezza
Nella maggior parte dei casi il danno al parabrezza in autostrada viene causato da detriti presenti sulla carreggiata o da piccoli sassi proiettati dalle ruote dei veicoli che precedono. Può trattarsi di frammenti di asfalto, parti di pneumatico esplosi, pezzetti di carico non fissato bene, ma anche di oggetti dimenticati in corsia o finiti sulla strada dopo un urto precedente.
Le cronache e le guide per automobilisti mettono sullo stesso piano la gomma bucata da un giunto dissestato, la carrozzeria graffiata da oggetti in corsia e il parabrezza scheggiato da materiale già presente sull’asfalto: si tratta sempre di danni riconducibili a quella che in gergo viene chiamata insidia stradale cioè una situazione di pericolo che non dovrebbe esserci e che il gestore ha il dovere di prevenire o rimuovere.
La responsabilità del gestore della strada
Dal punto di vista giuridico, il riferimento è l’articolo 2051 del Codice civile, che disciplina il danno cagionato da cosa in custodia: chi ha la custodia di un bene – in questo caso, il tratto autostradale – risponde dei danni che quel bene provoca, salvo che riesca a dimostrare il caso fortuito, cioè un evento esterno, imprevedibile e inevitabile.
Applicato all’autostrada significa che il gestore deve mantenere la strada in condizioni di sicurezza, controllarla, pulirla, intervenire in tempi ragionevoli in caso di ostacoli o detriti. Se un oggetto è presente in carreggiata da tempo sufficiente perché potesse essere visto e rimosso, e da quell’oggetto deriva il danno al parabrezza, la responsabilità ricade sul concessionario. Non si parla di colpa morale, ma di responsabilità oggettiva: conta il nesso tra la cosa in custodia (la strada) e il danno subito, non tanto la colpa concreta del gestore.
La parte complicata arriva quando si passa dalla teoria alla pratica. L’automobilista che chiede il risarcimento per il parabrezza rotto deve dimostrare, con un minimo di documentazione, che il danno è stato causato da un’anomalia della strada o da un oggetto presente in carreggiata, così da collegare l’evento alla cosa in custodia. Non è necessario provare di essere stati perfetti alla guida, ma è indispensabile dimostrare il nesso causale tra l’ostacolo e il danno con fotografie scattate subito, eventuale verbale della polizia stradale, relazione del carro attrezzi, testimonianze di chi era a bordo o di altri automobilisti.
Proprio in tema di danni da cose in custodia, la giurisprudenza ha chiarito che il danneggiato è tenuto a provare la derivazione del danno dalla cosa e la custodia da parte dell’ente mentre spetta poi al gestore dimostrare il caso fortuito che lo esoneri.
Quando paga il gestore dell’autostrada
Con diverse pronunce i giudici hanno riconosciuto la responsabilità della società autostradale per i danni al vetro causati da oggetti presenti in carreggiata, anche quando non è stato individuato con precisione l’oggetto stesso. Se l’ostacolo o il detrito erano lì, e non sono caduti un istante prima del passaggio dell’auto danneggiata, la custodia della strada non è stata esercitata in modo adeguato e il gestore deve rispondere dei danni, salvo dimostrare che l’evento è stato del tutto imprevedibile e inevitabile.
Anche in assenza di un responsabile certo, i danni causati da detriti stabili su un tratto autostradale sono di norma a carico del concessionario, proprio in virtù del suo obbligo di garantire un livello minimo di sicurezza e manutenzione continua.
Quando il gestore può non rispondere
La diga che può fermare la responsabilità del gestore autostradale si chiama caso fortuito. Se l’ente riesce a dimostrare che l’oggetto che ha colpito il parabrezza è caduto in carreggiata un attimo prima, magari staccandosi da un veicolo in transito, e che non c’era il tempo materiale per intervenire, la catena causale si spezza e il danno non può essere imputato alla custodia della strada.
Lo stesso accade quando il danno è provocato da un evento davvero imprevedibile, come un oggetto lanciato volontariamente da un terzo in un punto e in un momento tali da non consentire alcuna prevenzione, oppure in situazioni in cui la condotta del danneggiato – velocità eccessiva, manovre azzardate – risulta così imprudente da interrompere il nesso tra la cosa in custodia e l’evento dannoso. In questi casi il parabrezza rotto resta un costo a carico dell’automobilista o, se si individua il veicolo da cui è partito l’oggetto, del suo conducente e della sua assicurazione.
Quando la colpa è di un altro veicolo
Se il parabrezza si rompe perché un camion perde parte del carico, un furgone lascia cadere materiale dalla sponda posteriore o un’auto solleva pietre da un cassone aperto, la responsabilità si sposta dal gestore al conducente del veicolo da cui proviene l’oggetto.
In questi scenari si applicano in genere le regole della responsabilità civile da circolazione (articoli 2043 e 2054 del Codice civile) e del dovere di garantire che il carico sia ben fissato. Il problema è pratico prima che giuridico: per ottenere il risarcimento bisogna identificare il veicolo responsabile, annotare la targa, dimostrare il collegamento tra il suo passaggio e il danno al vetro, magari coinvolgendo subito le forze dell’ordine. In astratto paga la Rc auto del responsabile, ma senza prove la richiesta di risarcimento rischia di fermarsi al primo incrocio e lasciare di nuovo il conto in mano al danneggiato.
Cosa coprono la Rc auto e la polizza cristalli
La Rc auto non copre i danni al proprio veicolo, e quindi non rimborsa di per sé il parabrezza rotto in autostrada. La copertura base serve a risarcire i danni causati a terzi, non quelli patiti dal proprietario del mezzo. Se però si individua un responsabile esterno – l’ente gestore o un altro automobilista – è possibile agire contro la compagnia di quest’ultimo e chiedere il rimborso del cristallo, sempre che il nesso causale sia ben documentato. In assenza di un terzo responsabile certo, la Rc auto resta sullo sfondo e l’unico scudo diventa una garanzia accessoria specifica sulla propria polizza.
Nella pratica quotidiana, la vera risposta alla domanda su chi paga il parabrezza rotto in autostrada è la polizza cristalli, se è stata sottoscritta. La garanzia cristalli è un’estensione facoltativa dell’assicurazione auto che copre i danni di rottura o scheggiatura di parabrezza, lunotto e vetri laterali quando il danno è accidentale e collegato alla circolazione o all’azione involontaria di terzi.
A seconda delle compagnie, la polizza rimborsa la riparazione con resine speciali oppure la sostituzione completa del vetro tramite reti convenzionate che si occupano anche della gestione diretta del sinistro. Il tutto entro un massimale annuo (spesso tra 500 e 1.000 euro) e con una franchigia più o meno contenuta: significa che una parte dell’importo resta a carico dell’assicurato, ma la spesa viene ridotta rispetto ai 600-1.000 euro che un parabrezza nuovo può costare sulle auto moderne.
Franchigie, massimali e vincoli
Non tutte le polizze cristalli sono uguali e la differenza, quando il parabrezza si rompe, si vede. Alcune coperture prevedono una franchigia fissa per ogni intervento, altre distinguono tra riparazione e sostituzione, altre ancora offrono condizioni più favorevoli se ci si rivolge a centri convenzionati. Il massimale per evento o per anno assicurativo può variare molto e, una volta raggiunto, gli interventi successivi tornano interamente a carico del proprietario del veicolo.
Ci sono poi contratti che escludono alcuni elementi, come i tetti panoramici o i vetri speciali, o che pongono limiti all’uso della garanzia più di una volta nel corso dell’annualità. Tutti dettagli decisivi quando ci si trova a dover sostituire un cristallo pochi mesi dopo un primo intervento.
Cosa fare subito dopo il danno
Che si voglia chiamare in causa il gestore autostradale, un altro automobilista o attivare la polizza cristalli, una cosa non cambia: occorre muoversi in fretta e raccogliere prove. Fotografare il parabrezza danneggiato e se possibile l’oggetto che ha causato l’urto; annotare il punto dell’autostrada, la direzione di marcia, l’ora, le condizioni del traffico; contattare la Polizia Stradale se l’evento è grave o se ci sono altri danni; chiedere al carro attrezzi o al soccorso di indicare nel rapporto cosa ha provocato il sinistro.
Tutti questi elementi costruiscono il quadro probatorio che serve per una richiesta di risarcimento o per giustificare il sinistro con la propria compagnia. Senza questo corredo, la discussione su resta teorica mentre nella pratica il rischio è che il conto esca dal portafoglio dell’automobilista.
Perché alla fine paga quasi sempre il proprietario
Mettendo in fila tutti i tasselli – responsabilità del gestore autostradale, possibile colpa di altri veicoli, coperture assicurative – la teoria sembrerebbe rassicurante: c’è sempre qualcuno potenzialmente tenuto a pagare il parabrezza rotto.
Nella realtà l’esito dipende però dalla qualità delle prove, dalla capacità di individuare un responsabile e dalla presenza di una polizza adeguata. Se non si riesce a documentare l’insidia stradale, se non si riesce a identificare il mezzo da cui è partito l’oggetto, se non si ha una garanzia cristalli, il percorso risarcitorio si complica e il rischio è che il danno resti a carico del proprietario del veicolo.