A maggio 2025 il mercato dei mezzi pesanti tiene, ma il rinnovo del parco circolante resta al palo. Abbiamo intervistato Paolo Starace presidente veicoli industriali UNRAE che ha esordito con un’idea molto chiara su come risanare la situazione: “Servono incentivi concreti, non promesse”.
Mercato stabile, ma troppe ombre sul futuro
Nel mese di maggio 2025 il mercato italiano dei veicoli industriali ha registrato una crescita contenuta, mantenendo il trend positivo già emerso nei mesi precedenti. Secondo i dati UNRAE, le immatricolazioni di mezzi con massa superiore alle 3,5 tonnellate si attestano su numeri simili al maggio 2024, ma la struttura del parco circolante resta il vero nodo da sciogliere: è ancora troppo vecchio, e rischia di diventare un argomento pericoloso.
Un parco anziano che pesa sulla sicurezza stradale
“Abbiamo una media d’età superiore ai 14 anni,” ha dichiarato Paolo Starace, presidente della sezione veicoli industriali di UNRAE, in una recente intervista. “E questo ha due conseguenze principali: una sul piano della sicurezza, l’altra su quello ambientale.” In un contesto in cui l’Europa alza l’asticella delle performance ambientali e tecnologiche dei mezzi pesanti, l’Italia resta indietro. “Molti incidenti vedono coinvolti veicoli obsoleti, privi dei sistemi ADAS oggi obbligatori per legge. Veicoli che, se sostituiti, contribuirebbero sensibilmente alla riduzione della mortalità stradale.”

Fonte: Virgilio Motori
Le tecnologie ci sono. Ma mancano i fondi
I costruttori oggi propongono mezzi dotati di tutte le più avanzate dotazioni di sicurezza: frenata automatica d’emergenza, rilevamento angolo cieco, sistemi di mantenimento corsia e molto altro. “Su un veicolo industriale,” sottolinea Starace, “questi sistemi non sono optional come sulle auto: sono obbligatori. Ma il rinnovo costa, e senza un adeguato sostegno pubblico, le imprese non ce la fanno.”
600 milioni promessi, 6 erogati: la delusione del settore
UNRAE aveva salutato con favore l’annuncio, da parte del vicepremier e ministro delle Infrastrutture Matteo Salvini, di un fondo da 600 milioni per sostenere il settore. “Peccato che, alla fine, a noi siano arrivati solo 6 milioni,” commenta amaramente Starace. “Il resto è andato alle infrastrutture, in primis al Ponte sullo Stretto. Una cifra insufficiente per pensare a un vero rinnovo del parco, né tantomeno per sostenere la transizione ecologica.”
Il diesel (bio) resta il re della strada
Sulla transizione energetica, il quadro è più articolato rispetto al settore auto. “Nel nostro comparto esistono due grandi famiglie: veicoli endotermici – principalmente diesel – e veicoli elettrici,” spiega Starace. “Ma attenzione: tutti i mezzi di nuova generazione sono già compatibili con carburanti alternativi come l’HVO (Hydrotreated Vegetable Oil), che riduce le emissioni senza stravolgere la logistica.” Eppure, denuncia UNRAE, l’uso del biodiesel non viene considerato nel calcolo delle emissioni ai fini delle sanzioni UE, che colpiscono solo i costruttori.
Elettrico e idrogeno: tanta sperimentazione, poca applicazione
I veicoli elettrici cominciano a farsi largo anche tra i pesanti, ma con difficoltà. “Il nostro cliente è un’azienda, non un privato. Deve far tornare i conti,” chiarisce Starace. “Oggi, se analizziamo il Total Cost of Ownership, solo il diesel – magari bio – è sostenibile. L’elettrico costa troppo, e l’infrastruttura è quasi assente.” Sul fronte dell’idrogeno, i costruttori stanno portando avanti progetti avanzati, ma per ora restano lontani dal mercato.
Il ruolo chiave delle istituzioni
“Siamo tra l’incudine e il martello,” ammette Starace. “Da una parte l’Europa ci impone target di decarbonizzazione, dall’altra parte mancano gli strumenti per centrarli. Le istituzioni si dicono consapevoli dell’importanza strategica del settore, ma poi nei fatti ci lasciano soli.” E mentre i costruttori rischiano multe salate, gli utilizzatori finali – le imprese di trasporto – non vengono incentivati in modo efficace.
2025: tra innovazione tecnologica e lentezza sistemica
Il settore dei veicoli industriali si sta muovendo, ma lentamente. “È fisiologico: siamo più lenti dell’automotive leggero,” ammette Starace. “Ma stiamo recuperando terreno. I nostri veicoli sono già oggi tecnologicamente avanzati, sicuri e pronti per la transizione.” Il problema è che il contesto – economico, normativo, infrastrutturale – non sempre corre alla stessa velocità.
Occasione da non perdere
Il rinnovo del parco circolante dei mezzi pesanti è un’urgenza nazionale. Lo dimostrano i dati, lo confermano gli incidenti, lo richiede l’ambiente. Ma senza una visione strategica e risorse adeguate, la transizione rischia di restare solo sulla carta. “Noi idee ne abbiamo,” conclude Starace. “Sarebbe ora di condividerle davvero con chi può fare la differenza.”